LESVOS

17/07 LESBO
La navigazione è piuttosto tranquilla, a mezzogiorno siamo sottocosta a Lesbo e il Meltemi sale rapidamente di intensità, doppiando il capo si arriva a raffiche di 35 nodi, abbiamo tre mani di terzaroli alla randa e trinchetta. La baia scelta per fermarsi è Sigri (Porto Seguro sugli antichi portolani genovesi), giusto dietro la punta. Anziché intestardirsi a passare a bordi ammainiamo e facciamo le ultime tre miglia a motore.

Sigri è la contrazione di quello che sui portolani genovesi era chiamato “Porto Seguro” cioè sicuro in quanto riparato dai venti. C’è un bel castelletto turco, un porto di pescatori, ristorantini, affittacamere, un museo degli alberi pietrificati (una bella struttura realizzata con fondi Unesco, quando ci siamo pasati noi era chiuso), una spiaggia. Il posto è piacevole ma isolato; c’è un pullman che alle sei di mattina e con un viaggio di due ore e mezzo ti porta a Mitilene, la città più importante di Lesbo.
Siamo fermi a tempo indeterminato, il 20 dobbiamo essere ad Istanbul per un ricevimento programmato con l’ambasciatore italiano Gianpaolo Scarante presso la sua residenza a palazzo Venezia, ma il Meltemi non accenna a calare. A sera controlliamo la Meteo: Vento forza sette, direzione contraria, domani staremo fermi.

18/7 SIGRI
Giornata balneare, l’acqua è fredda e pulita, sul fondo ci sono molti pezzi di anfora calcificati negli scogli, Pinne nobilis tra le posidonie, stelle marine… nessun polpo, solo tane vuote, eppure tutte le barchette sono attrezzate per pescarli. Sia ammazza il tempo in barca e nei baretti di Sigri.
Le previsioni chiamano un calo per il pomeriggio, proviamo ad uscire, ci mettiamo in rotta e avanziamo a 3 nodi spanciando come tonni: Non vale pena insistere, rientriamo a Porto Seguro e rimandiamo la partenza a domani.

19/7

Altra giornata fermi a Sigri. Pido e Umberto prendono il pullman delle 6 del mattino e vanno a Mitilene, capoluogo di Lesvos.

Arriviamo alle 9.15, dopo un viaggio assieme a vecchietti e ragazzi con lo zaino che si spostano da paesino a paesino o per recarsi nel capoluogo. Scendiamo dall’autobus in condizioni pietose a causa della levataccia e della cena della sera prima e ci infiliamo nel primo bar che incontriamo nella stazione per fare colazione col solito caffè frappè, sugar medium.

Muovendoci verso il lungo mare, annusiamo un’aria turchesca e subito notiamo la cupola della chiesa di San Theraponta che si erge sopra il porto costeggiando la strada Ermoy, ora via dello shopping, un tempo luogo del mercato turco che porta al castello di Mitilene. Dopo aver scattato qualche foto entriamo: i colori sono forti, viola, verde, blu ed oro. La chiesa ospita due preziose icone bizantine, del Gesù Cristo (XIV secolo) di Giovanni il teologo (secolo XV). Usciamo e iniziamo a percorrere la strada gonfia di gente che fa acquisti nelle tante botteghe di ogni tipo. Veniamo colpiti da un macellaio che sta tagliando dei pezzi enormi di agnello: ci invita ad entrare, vuole farsi riprendere nella maestria del suo lavoro e noi ne siamo ben felici. Incontriamo alcune çesme (fontane ottomane) e poco dopo la cattedrale di San Attanasio; entriamo e facciamo conoscenza con un gruppo di vecchiette che assieme ai nipotini sono sedute davanti alle reliquie del santo a cui la chiesa è dedicata. Fa caldissimo ma sembra che lo percepiamo solo noi. Una delle vecchiette ci invita a porgere omaggio alla reliquia alitando sopra la teca di vetro che contiene le spoglie del santo. Accanto si trova una specie di corona d’oro con al suo interno un frammento di cranio: tutto questo fa parte di una religiosità a noi estranea, lo troviamo poco igenico ma alitiamo anche noi. Superstizione o scaramanzia?

 
 
 

Poco lontano un altro edificio religioso, questa volta abbandonato: si tratta della moschea Yeni, la più recente (è stata costrutia nel 1825) e grande rimasta a Mitilene. E’ fatta di sassi e mattoni rossi e al suo interno si vedono quelle che un tempo dovevano essere le volte che reggevano una grande cupola, in un misto di architettura bizantina ed ottomana. Particolarmente bello è il Mihrab, una nicchia semicircolare che all’interno delle moschee indica la direzione in cui si trova la Mecca. E’ un sincretismo seppellito dalla storia che affascina e ci apre a nuovi orizzonti, alla curiosità verso l’Islam, a cercare di scrostare le diffidenze e le incompresioni.

 

Nel giardino della moschea un vecchio fa colazione con un panino davanti a una costruzione che ospitava le fontane in cui i fedeli si lavavano prima delle funzioni religiose e la casa del Mufti (autorità religiosa mussulmana). Proprio come potrebbe accadere in un chiostro di un paese cristiano. I centri religiosi in fin dei conti dovrebbero essere proprio questo: luoghi di pace e serenità. di meditazione e di dialogo.

Usciamo dalla moschea e a pochi passi la strada si apre di nuovo sul mare rivelando le mura del castello di Mitilene che si estende dal mare su una bassa collina. Il castello è grande e fino al 19 secolo era abitato. Esploriamo i bastioni più a ridosso del mare, rovine di mura e grandi torri circolari che proteggevano il porto. L’area è un cantiere a cielo aperto: vediamo operai che lavorano attorno a quello che sembra un antico bagno turco e poco distante ci imbattiamo in un vero e proprio scavo archeologico. Facciamo due parole con uno degli archeologi: stanno portando alla luce una strada del periodo romano che collegava la fortezza al mare. La fondazione del castello è bizantina; l’isola di Lesvos e la sua roccaforte di Mitilene vennero donati all’avventuriero genovese Francesco Gattilusio nel 1345 dall’imperatore Giovanni V Paleologo come ricompensa per averlo aiutato a sconfiggere il rivale Giovanni VI Cantacuzeno nella lotta per il trono dell’Impero Romano d’Oriente. La famiglia Gattilusio governò l’isola anche dopo la caduta di Costantinopoli come vassalli dell’impero Ottomano fino al 1462, quando l’ultimo discendente della famiglia venne deposto e poi giustiziato a Costantinopoli. Gli Ottomani governarono l’isola fino al 1912: 500 anni di presenza che dentro il castello trovano testimonianza nelle costruzioni rimaste in piedi tra le quali spiccano l’hamam e il bell’edificio della scuola coranica su due piani. Nulla o quasi rimane della chiesa di San Giovanni Battista che fungeva da cappella funeraria della famiglia Gattilusio, costruita dove sorgeva l’antico tempio pagano di Demetra e che dopo la caduta dei genovesi divenne moschea. Antichi materiali greci e romani (spolia) sono usati in tutto il castello; particolari sono gli altorilievi con galdiatori che combattono contro dei leoni. Immagini che inserite come ornamenti in murature all’ingresso delle mura nord del castello la dicono lunga sul meticciato culturale di questi luoghi.

 
 
 
 
 
 

 

Torniamo a Sigri con l’ultima corsa delle 13.30; attraversiamo di nuovo le montagne di Lesvos (picco massimo 930 metri) nello stesso autobus dell’andata, questa volta semi vuoto.

Abbiamo deciso di partire alle 18 con un calo previsto del Meltemi. Il carogna non diminuisce e cosi decidiamo di rimandare a domani mattina, avvertiamo tutti che il 20 non saremo ad Istanbul.
Ma domattina si va in ogni caso: non si può più aspettare, il 23 sera dovremo ripartire da Istanbul per mantenere le scadenze di sbarchi e imbarchi.